WHISTLEBLOWING: 

NUOVI ADEMPIMENTI PER I DATORI DI LAVORO

Da SEAC

È entrato in vigore il 30 marzo 2023 il Decreto che introduce novità a tutela dei c.d. whistleblowers, ossia delle persone che segnalano violazioni di disposizioni normative nazionali o dell’Unione europea che ledono l’interesse pubblico o l’integrità dell’amministrazione pubblica o dell’ente privato, di cui siano venute a conoscenza in un contesto lavorativo pubblico o privato.

Le disposizioni avranno però effetto, a seconda delle dimensioni aziendali, a decorrere dal 15 luglio 2023 o dal 17 dicembre 2023.

Le misure di tutela si applicano oltre che ai lavoratori subordinati e autonomi, volontari e tirocinanti, anche ai c.d. “facilitatori” che assistono una persona segnalante nel processo di segnalazione, operanti all’interno del medesimo contesto lavorativo e la cui assistenza deve essere mantenuta riservata.

L’adozione di un sistema di whistleblowing, un canale riservato per segnalare condotte illecite di cui si viene a conoscenza nel contesto lavorativo, si applica oltre che ai “soggetti del settore pubblico” altresì ai “soggetti del settore privato” che

I canali per effettuare la segnalazione sono tre: interno, esterno e pubblico.

In particolare, i “whistleblowers” non possono subire ritorsioni tra le quali il Decreto stesso annovera il licenziamento, la sospensione o misure equivalenti; la retrocessione di grado o la mancata promozione; il mutamento di funzioni, il cambiamento del luogo di lavoro, la riduzione dello stipendio, la modifica dell’orario di lavoro;  la sospensione della formazione o qualsiasi restrizione dell’accesso alla stessa; le note di merito negative o le referenze negative; la coercizione, l’intimidazione, le molestie o l’ostracismo; la discriminazione o comunque il trattamento sfavorevole; la mancata conversione di un contratto di lavoro a termine in un contratto di lavoro a tempo indeterminato, laddove il lavoratore avesse una legittima aspettativa a detta conversione; il mancato rinnovo o la risoluzione anticipata di un contratto di lavoro a termine; i danni, anche alla reputazione della persona, in particolare sui social media, o i pregiudizi economici o finanziari, comprese la perdita di opportunità economiche e la perdita di redditi.

È onere della persona che ha compiuto l’azione ritorsiva, in caso di controversie, dimostrare che tali misure sono fondate su ragioni estranee alla segnalazione stessa.

In caso di ritorsioni commesse nel contesto lavorativo di un soggetto del settore privato, l’ANAC informa l’Ispettorato nazionale del lavoro, per i provvedimenti di propria competenza.

Fermi restando gli altri profili di responsabilità, ANAC applica al responsabile le seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

- da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che sono state commesse ritorsioni o quando accerta che la segnalazione è stata ostacolata o che si è tentato di ostacolarla o che è stato violato l’obbligo di riservatezza;

- da 10.000 a 50.000 euro quando accerta che non sono stati istituiti canali di segnalazione, che non sono state adottate procedure per l’effettuazione e la gestione delle segnalazioni;

- da 500 a 2.500 euro nel caso in cui venga accertata la responsabilità penale della persona segnalante per i reati di diffamazione o di calunnia.

I soggetti del settore privato prevedono, inoltre, in aggiunta nel sistema disciplinare adottato sanzioni disciplinari nei confronti di coloro che accertano essere responsabili degli illeciti.