Da SEAC
Recentemente, il Ministero del Lavoro ha fornito le prime indicazioni operative su alcune delle novità apportate dal c.d. Collegato Lavoro che, come noto, sono in vigore dal 12 gennaio scorso.
SOMMINISTRAZIONE DI LAVORO
Il Collegato Lavoro ha apportato modifiche alla disciplina della somministrazione eliminando la disciplina transitoria in vigore fino al 30 giugno 2025 che consentiva agli utilizzatori di superare il limite complessivo di 24 mesi, anche non continuativi, per le missioni a tempo determinato di un medesimo lavoratore somministrato, laddove l'agenzia di somministrazione abbia comunicato all'utilizzatore di aver assunto detto lavoratore a tempo indeterminato.
Pertanto, in caso di sforamento del limite temporale di 24 mesi, si costituisce in capo all’utilizzatore un rapporto di lavoro a tempo indeterminato con il lavoratore somministrato.
Il Ministero del Lavoro precisa che per i contratti di somministrazione stipulati tra agenzia e utilizzatore a decorrere dal 12 gennaio 2025, il computo dei 24 mesi di lavoro dei lavoratori somministrati deve tenere conto di tutti i periodi di missione a tempo determinato intercorsi tra le parti successivamente a tale data.
Il Collegato lavoro ha introdotto due ulteriori categorie di lavoratori escluse dal limite quantitativo del 30% di lavoratori a termine e di lavoratori somministrati a tempo determinato rispetto al numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l'utilizzatore. Sono infatti ora escluse da tale limite percentuale anche
le ipotesi già escluse dai limiti quantitativi stabiliti per le assunzioni con contratto di lavoro a tempo determinato, ovvero i contratti conclusi:
in fase di avvio di nuove attività;
da start- up innovative;
per lo svolgimento di attività stagionali;
per lo svolgimento di specifici programmi o spettacoli;
per la sostituzione di lavoratori assenti;
con lavoratori over 50;
• i lavoratori inviati in missione a tempo determinato, se assunti dal somministratore con contratto di lavoro a tempo indeterminato.
Il Collegato lavoro ha altresì stabilito che, in caso di assunzioni a tempo determinato di tali categorie di lavoratori effettuate dalle agenzie per il lavoro, non trova applicazione l'obbligo di indicazione delle causali stabilite per le assunzioni con contratto a tempo determinato di durata superiore a 12 mesi:
i soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali;
i lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati, così come individuati dalla normativa nazionale, in conformità con le disposizioni europee.
ATTIVITÀ STAGIONALI
A seguito dell'intervento del Collegato Lavoro sono ricomprese tra le tipologie di attività di lavoro stagionale anche quelle previste dai contratti
collettivi nazionali, territoriali o aziendali sottoscritti da associazioni sindacali comparativamente più rappresentative a livello nazionale e dai contratti collettivi aziendali conclusi dalle loro RSA ovvero dalla RSU.
Il Ministero del Lavoro, nel ribadire la natura retroattiva della norma di interpretazione autentica con applicazione anche rispetto ai contratti collettivi firmati prima della sua entrata in vigore, sottolinea che nell'ambito delle attività stagionali rientrano
oltre a quelle legate a cicli stagionali ben definiti,
anche quelle indispensabili per fronteggiare intensificazioni produttive in determinati periodi dell'anno o dovute ad esigenze tecnico-produttive
collegate a specifici cicli dei settori produttivi o dei mercati serviti dall'impresa.
DURATA DEL PERIODO DI PROVA
Il Collegato Lavoro ha stabilito che:
fatte salve le disposizioni più favorevoli della contrattazione collettiva, la durata del periodo di prova è fissata in 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario a partire dalla data di inizio del rapporto di lavoro;
in ogni caso, la durata del periodo di prova non può essere inferiore a 2 giorni e superiore a 15 giorni per i contratti con durata non superiore a 6 mesi e a 30 giorni per quelli con durata superiore a 6 mesi e inferiori a 12 mesi.
A riguardo, il Ministero del Lavoro specifica che le predette disposizioni si applicano ai contratti di lavoro stipulati dal 12 gennaio 2025 e precisa che i limiti massimi di durata del periodo di prova non sono derogabili dalla contrattazione collettiva in forza del principio generale per cui l'autonomia collettiva non può introdurre una disciplina peggiorativa rispetto a quella di legge.
In aggiunta, il Ministero:
puntualizza, colmando la lacuna normativa, che per i contratti a termine di durata superiore a 12 mesi, il limite massimo (30 giorni) può essere superato, moltiplicando 1 giorno di effettiva prestazione per ogni 15 giorni di calendario;
chiarisce che
si intendono "più favorevoli" le disposizioni contrattuali che offrono una maggiore tutela al lavoratore in virtù del principio del "favor praestatoris",
viene considerata più favorevole per il lavoratore una durata minore del periodo di prova "a causa della precarietà che lo stesso comporta per il lavoratore", in relazione al contratto collettivo applicato dal datore di lavoro.
LAVORO AGILE: TERMINE PER LE COMUNICAZIONI OBBLIGATORIE
Il Collegato Lavoro ha fissato in 5 giorni il termine per la comunicazione
dell'avvio e della cessazione delle prestazioni di lavoro in modalità agile e
delle eventuali modifiche della durata originariamente prevista.
Tale termine opera, a partire dal 12 gennaio 2025, per tutti i datori di lavoro privato, dalla data dell'effettivo inizio della prestazione di lavoro agile, fatta salva la stipula per iscritto dell'accordo per il lavoro agile.
Inoltre:
nel caso di modifica della durata originariamente comunicata, per effetto di una proroga dell’accordo, il datore dovrà comunicarla entro i 5 giorni successivi alla proroga stessa;
nel caso di cessazione anticipata, la comunicazione deve essere inviata entro i 5 giorni successivi alla nuova data di conclusione.
DIMISSIONI PER FATTI CONCLUDENTI
Il Ministero approfondisce altresì la disciplina delle c.d. dimissioni per fatti concludenti.
Si tratta della norma che prevede che in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta:
oltre il termine previsto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro o
in mancanza di previsione contrattuale, superiore a 15 giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell'INL, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima.
In tali casi, il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore per effetto delle c.d. dimissioni per fatti concludenti e le dimissioni sono valide anche se non presentate tramite il modulo telematico.
Peraltro, a tutela del lavoratore, le disposizioni non si applicano se il lavoratore dimostra l'impossibilità di comunicare i motivi che giustificano la sua assenza:
per causa di forza maggiore o
per fatto imputabile al datore di lavoro.
Il Ministero del Lavoro chiarisce, a riguardo, che tale effetto risolutivo non discende automaticamente dall'assenza ingiustificata, ma si verifica solo nel caso in cui il datore di lavoro decida di prenderne atto e attivi la procedura prevista, alternativa a quella disciplinare.
Inoltre, in relazione ai giorni di assenza, il Ministero del Lavoro precisa che:
in mancanza di ulteriori specificazioni da parte della norma, possono intendersi come giorni di calendario, se non diversamente disposto dal CCNL applicato al rapporto di lavoro;
costituiscono il termine legale minimo perché il datore possa darne specifica comunicazione all'ITL. Tale comunicazione può, dunque, anche essere formalizzata in un momento successivo;
nel caso in cui il CCNL applicato preveda espressamente la fattispecie delle dimissioni per fatti concludenti e un termine superiore a quello legale, dovrà essere applicato tale termine, in ossequio al principio del miglior favore per il lavoratore.
A parere del Ministero, la comunicazione inviata all'Ispettorato territoriale va trasmessa, anche al lavoratore, per consentirgli di esercitare il diritto di difesa.
Il Ministero segnala peraltro che il datore di lavoro, a seguito degli accertamenti ispettivi, potrebbe essere ritenuto responsabile, anche penalmente, per falsità delle comunicazioni rese all'Ispettorato territoriale.
La comunicazione all'ITL opera anche quale riferimento per il decorso del termine di cinque giorni previsto per effettuare la relativa comunicazione obbligatoria di cessazione del rapporto di lavoro tramite il modello UNILAV.
La cessazione del rapporto avrà effetti dalla data riportata nel modulo UNILAV, che non potrà comunque essere antecedente alla data di comunicazione dell'assenza del lavoratore all'Ispettorato territoriale del lavoro, fermo restando che il datore di lavoro non è tenuto, per il periodo di assenza ingiustificata del lavoratore, al versamento della retribuzione e dei relativi contributi.
Inoltre, il Ministero del Lavoro ritiene che il datore possa trattenere dalle competenze di fine rapporto da corrispondere al lavoratore l'indennità di mancato preavviso contrattualmente stabilita.
In ogni caso, la procedura in esame viene resa inefficace in caso di successiva ricezione, tramite l'apposito sistema telematico, delle dimissioni da parte del lavoratore (anche per giusta causa).
Non sono chiare le conseguenze cui si espone il datore di lavoro che non proceda al ripristino del rapporto. In tale ipotesi, si ritiene che il datore di lavoro dovrebbe procedere autonomamente al ripristino del rapporto di lavoro ovvero, nel caso in cui ciò non si verifichi, il lavoratore dovrà adire le vie legali per vedersi ricostituito il rapporto.
Infine, il Ministero chiarisce che la disciplina in esame non è applicabile nei casi in cui è comunque richiesta la convalida obbligatoria volta a tutelare le lavoratrici in gravidanza/i genitori lavoratori.