Da SEAC
Recentemente, il Ministero del Lavoro ha fornito chiarimenti in ordine all'obbligo di convalida delle dimissioni per le lavoratrici in gravidanza, nonché per i genitori nei primi tre anni di vita del figlio affermando che tale obbligo si estende anche durante il periodo di prova.
LA CONVALIDA DELLE DIMISSIONI
La disposizione che prevede la convalida delle dimissioni è finalizzata a prevenire comportamenti vessatori, discriminatori o coercitivi da parte del datore di lavoro.
Nel tempo il periodo considerato "protetto" ai fini della convalida si è ampliato rispetto a quello durante il quale opera il divieto di licenziamento e la relativa tutela economica (che termina al compimento di un anno del bambino).
La risoluzione consensuale del rapporto di lavoro e la richiesta di dimissioni presentate:
dalla lavoratrice, durante il periodo di gravidanza, e
dalla lavoratrice o dal lavoratore durante i primi tre anni di vita del bambino, devono invero essere convalidate dal Servizio ispettivo del Ministero del Lavoro, competente per territorio.
La risoluzione del rapporto di lavoro è sospensivamente condizionata a tale convalida.
Tale disposizione trova applicazione anche nei casi di adozione/affidamento nei primi tre anni di accoglienza del minore adottato o in affidamento, oppure, in caso di adozione internazionale, nei primi tre anni decorrenti dalla comunicazione della proposta di incontro con il minore o dell'invito a recarsi all'estero per ricevere la proposta di abbinamento.
I RECENTI CHIARIMENTI DEL MINISTERO
In risposta alla richiesta di parere avanzata, il Ministero del Lavoro ha affermato che l'obbligo di convalida delle dimissioni debba applicarsi anche allorquando le stesse siano state presentate al datore di lavoro durante il periodo di prova in quanto
• l'obbligo della convalida delle dimissioni è prevista come misura di carattere generale;
• nella disposizione normativa non si rinviene alcuna espressa esclusione in riferimento al periodo di prova;
• è uno strumento di tutela per garantire la genuinità della volontà della lavoratrice/del lavoratore in un momento particolarmente delicato della vita familiare che ha una operatività ad ampio raggio, posto che le dimissioni presentate durante il periodo protetto potrebbero essere indotte dal datore di lavoro e mascherare, quindi, un licenziamento sostenuto da motivazioni discriminatorie e, come tale, sempre nullo, anche durante il periodo di prova (richiamando la giurisprudenza della Corte di Cassazione).
La tutela genitorialità prevale, dunque, sulla libera recedibilità durante il periodo di prova.